Musica e Dislessia
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La dislessia è un disturbo dell’apprendimento, meglio conosciuto come DSA
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Dislessia
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Disortografia
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Disgrafia
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Discalculia
è un disturbo molto complesso che influenza fortemente lo stato d’animo e ne condiziona profondamente i suoi rapporti con se stesso e gli altri. Gli insegnanti ignari delle conseguenze della dislessia e consapevoli dell’esistenza della stessa, stimolano con modi bruschi e negativi: ERRORE DEVASTANTE.
Un buon insegnante:
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Serena curiosità e affetto
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Adatta il lavoro
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L’apprendimento non deve essere una mortificazione, ma una gioia, un lavoro paziente
Per il dislessico è più facile studiare musica rispetto alle materie scolastiche:
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È un’attività multisensorale (un senso debole supplisce un altro senso)
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Lettura attraverso lo strumento
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L’apprendimento all’inizio può essere limitato all’acquisizione dell’automatismo
Disturbi:
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Visivi: gli occhi non funzionano insieme
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uditivi: un orecchio sente più dell’altro
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Lateralità destra e sinistra: confusione
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Organizzazione spaziale e temporale: propriocettori (La propriocezione (nota anche come cinestesia) è la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli, senza il supporto della vista. È considerata un sesto senso in quanto è regolata da una parte specifica del cervello. La propriocezione assume un'importanza fondamentale nel complesso meccanismo di controllo del movimento, per cui viene utilizzata efficacemente anche in fisioterapia di recupero ed in allenamenti sportivi.)
La propriocezione è presente già nel feto di sette mesi, che comincia a distinguere gli stimoli
esterni da quelli interni.
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Memoria a breve termine: lentezza nel ragionamento
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Fonologici: confusione tra le lettere e la pronuncia delle parole o inverte le parole
COSA FARE CON LA MUSICA:
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Fotocopie grandi
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Colorare i pentagrammi
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Poggiare la musica su un foglio colorato
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No lavagna
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Aiutare tenendo il segno
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Ritmo attraverso il corpo con esercizi decisi e scattanti
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Approccio per imitazione
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Nota associata ad una posizione
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Lettura ritmica
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Lettura veloce
La musica è un vero toccasana sin dalla tenera età. Il ritmo musicale con passi e canzoncine e altri movimenti del corpo potrebbe alleviare i sintomi della dislessia.
Mutismo Selettivo
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Il mutismo selettivo è un disturbo poco conosciuto e apparentemente raro che colpisce i bambini. È caratterizzato dall’incapacità di parlare in alcuni contesti sociali, nonostante lo sviluppo e la comprensione del linguaggio siano nella norma.
È un ATTEGGIAMENTO DI RISPOSTA AD UN FORTE STATO EMOTIVO DOVUTO ALL’ANSIA.
I bambini non riescono a parlare fuori casa o in presenza di estranei. Al contrario i bambini muto selettivi a casa e negli ambienti familiari e con persone con cui si sentono a loro agio, si esprimono normalmente e a volte sono gran chiacchieroni.
Sono bambini:
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Ipersensibili e introversi
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Le cause sono da ricercarsi nel temperamento del bambino e nella sua tendenza a sentirsi nell’imbarazzo
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DIAGNOSI: il bambino non comunica soltanto in certe precise circostanze
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È transitorio: risolve col tempo, ma restano riservati
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CURA: pazienza, comprensione e tolleranza
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Accettare il bambino così come è
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Non deve essere rimproverato per il suo silenzio
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PUNTARE SU: ricompense, lodi, gratificazioni evitando qualsiasi punizione e rimprovero o costrizione
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Soridità, cecità, impianto acustico e impianto cocleare
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Soridità e musica (impianto acustico o sordità)
la Musicoterapia è un mezzo potente per migliorare la sfera comunicativa e iniziare o approfondire un percorso terapeutico e riabilitativo, sia con persone affette da ipoacusia che con quelle sorde.
Tutti noi percepiamo i suoni con il corpo: le vibrazioni investono i nostri tessuti, le ossa i muscoli, il sistema nervoso..
Siamo però abituati a percepire solamente quelle vibrazioni che sono molto potenti, come quelle a bassa frequenza che “colpiscono” allo stomaco. In realtà i nostri risuonatori naturali sono sempre attivi, il fatto è che avendo spostato la nostra attenzione quasi esclusivamente alle orecchie, che ci permettono di avere un ascolto più preciso e dettagliato, quasi non riusciamo più a “sentire” col corpo.
Ed è proprio in questa nostra capacità che prende avvio tutto il lavoro del Musicoterapista con i pazienti sordi.
Le nostre prime esperienze sensoriali sono state tattilo-uditive, il senso dell’udito è il primo a formarsi e le nostre esperienze più arcaiche e primitive sono appunto tattilo-sonore.
Pensate a un bambino ancora nel liquido amniotico, in questo mare che protegge e ancora isola dal mondo, arrivano comunque dei suoni sia dall’interno ( il corpo materno con il battito del cuore, i rumori intestinali, la voce della madre etc) che dall’esterno.
Tutti i suoni che il bambino percepisce sono filtrati dal liquido in cui è inserito ed è grazie alle vibrazioni che può sperimentarli, egli ha due stimoli quindi quello uditivo e quello sensoriale che avvengono in contemporanea.
Quando nascerà oltre alla luce sarà il suono l’elemento più importante che lo collegherà alla realtà. Tutti gli stimoli che riceviamo si fissano nella nostra memoria profonda e vanno a formare il nostro patrimonio musicale, il cosiddetto ISO.
I suoni e la voce materna ( ma anche quella del padre seppur con “funzioni” benefici diversi) sono quindi fondamentali per il bambino in questo primo periodo evolutivo.
Nel caso di bambini che nascono sordi o con gravi problemi all’apparato uditivo ci si può chiedere allora come intervenire, come creare un’alleanza terapeutica al fine di migliorare la sua qualità della vita.
Come su detto il punto di partenza è la percezione corporea e l’utilizzo del corpo come strumento; tramite questo il soggetto può sentire le vibrazioni sonore e quindi tutti i parametri musicali: ritmo, accentazione, altezza, intensità e durata.
La musicoterapia diventa il modo per mettere in contatto la persona con un mondo sonoro ampliato che va aldilà dell’ascolto con le orecchie;
Tramite la musica si cercherà di collegarsi a quegli stati vitali vissuti nel grembo materno, si contatteranno quelle parti più ancestrali e arcaiche formatesi dalle fondamentali esperienze pre e post natali, quindi si attueranno “performance” tattilo- sonore che facendo leva sulla sfera emozionale utilizzeranno la comunicazione non verbale che essendo stata sviluppata prima del linguaggio è più profonda ed efficace.
Ancora, si attueranno tutti quelli che Stern (psichiatra e psicanalista di fama mondiale) definisce “affetti vitali” ovvero quelle categorie affettive non verbali che percepiamo già nel grembo materno, ma di cui non abbiamo una chiara definizione anche a livello linguistico data la loro natura prettamente non verbale.
Stiamo parlando di gesti emotivi come: fluttuare, svanire, trascorrere, esplodere, crescendo, decrescendo, gonfio, esaurito etc..
Gli affetti vitali interessano tutto l’arco dell’esistenza umana ma nei primi anni di vita costituiscono un’importanza fondamentale per la formazione dell’identità. (l’argomento è ovviamente molto più esteso e complesso ma non è questa la sede in cui parlarne).
A questo si aggiunga anche la capacità insita negli esseri umani, ma maggiormente sviluppata nei bambini, di trasporre un’informazione da un canale sensoriale ad un altro, ( dal tatto alla vista, dall’udito al tatto etc..) questa è un’ottima risorsa poiché ci permette di utilizzare i parametri musicali facendoli percepire attraverso canali diversi da quello uditivo.
Naturalmente non si sta parlando esclusivamente di musicoterapia recettiva ma anche di quella attiva e quindi la persona potrà agire sullo strumento e suonare in base alle proprie preferenze e a come percepisce i suoni, quindi il tutto si svolgerà nella cornice dell’improvvisazione clinica, e del dialogo sonoro.
Si cercherà di dare alla persona un “nuovo” senso armonico, fargli fare l’esperienza del ritmo, dargli la possibilità di trovare nuovi mezzi espressivi e di scoprire una propria musicalità e armonia interna, profonda.
Aiutarla a migliorare la propria gestualità e a confrontarsi col disagio sociale e psichico che la sua particolare condizione comporta, insomma migliorare sotto molti aspetti la qualità della sua vita.
IMPIANTO COCLEARE
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Una delle sfide che permangono nel settore audiologico, che tuttavia appare sempre più raffinato e tecnologicamente avanzato, è il raggiungimento di elevati standard di qualità della vita per i pazienti protesizzati o impiantati. Ad esempio, l’ascolto della musica è tuttora un traguardo da tagliare.
Se si pensa alla riabilitazione di un deficit uditivo, il primo beneficio che viene alla mente di cercare di conquistare è senz’altro la comunicazione con il prossimo, ovvero l’acquisizione della capacità di sentire le parole e di partecipare ad una conversazione. Il secondo, tuttavia, è già qualcosa che è destinato a migliorare notevolmente la qualità della vita dell’ipoacusico protesizzato o impiantato: ovvero, imparare o reimparare a godere dei suoni che arricchiscono l’esistenza, fra i quali spicca senza dubbio la musica.
È per questa ragione che la ricerca scientifica e tecnologica lavora ancora profondamente sui dettagli necessari per perfezionare le sfumature di ascolto che consentano ad un portatore di apparecchio acustico o impianto cocleare di apprezzare adeguatamente un concerto o un brano alla radio. Questo genere di ascolto, infatti, presenta ancora difficoltà evidenti nella pratica quotidiana attuale.
Convegni, laboratori di analisi, reparti ospedalieri e dipartimenti di sviluppo e ricerca continuano ad occuparsi della materia come di uno dei futuri impegni su cui concentrare gli sforzi. Perché la percezione musicale con i vari tipi di ausili uditivi – viene confermato negli ambienti clinici della riabilitazione – difetta ancora, nonostante gli evidenti progressi compiuti fino ad oggi.
In particolare, è nei pazienti che si sono sottoposti all’impianto cocleare che questa capacità risulta impraticabile: il motivo risiede nel basso numero di elettrodi, pari a ventidue, che vengono inseriti nell’orecchio interno durante questo tipo di intervento; davvero pochissimi, se confrontati con l’elevato numero di pitch, pari ad ottantotto, attribuiti invece ad un brano musicale. Affermano gli scienziati che hanno studiato il tema che è dunque impossibile, oggi, che un solo elettrodo possa discriminare e riconoscere una melodia basata su diverse note.
Un altro aspetto interessante da valutare, a questo proposito, è poi il concetto di memoria uditiva: in caso di un adulto che abbia sperimentato un udito normale in una parte della sua vita, la cosiddetta memoria uditiva potrà aiutarlo a trarre beneficio dalla musica in seguito ad una riabilitazione con ausili tecnologici; il problema più importante riguarda invece i bambini, che non hanno memoria uditiva dell’esperienza musicale e dunque non possono nemmeno fruire di un aiuto in tal senso. Il training riabilitativo, pertanto, dovrà tenere in considerazione anche questi fattori.
In conclusione, comunque, e in attesa di nuovi sviluppi nella ricerca tecnologica, non resta che ammettere che la musica rimane, purtroppo, il grande limite degli impianti cocleari.
Amusico
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"Sordità musicale" e impianto cocleare.
La sordità musicale (o "amusia" o "tone deafness") è l'incapacità di "capire" la musica. Per chi è "amusico" (o "tone deaf") è problematico capire se due brani musicali sono identici o diversi; se una nota è più acuta o più grave; se una musica è lenta o veloce.
L'amusia non ha relazione con la sordità classica, dal momento che chi ne è affetto è in grado di "sentire" tutta la musica, ma senza "capire" nulla di essa. Ne soffre il 5% circa della popolazione.
E per l'impianto cocleare.... come la mettiamo? Il discorso è molto interessante: l'udito artificiale come si comporta con la musica?
Esiste un test, una prova, che ci dica se il portatore di impianto cocleare oltre che sentire, riesce anche a "capire" la musica?
Ma certo che esiste (anche se non è ideato per l'impianto cocleare), e lo trovate gratuitamente online al'indirizzo riportato più in basso (chiaramente dovete avere cuffie o casse acustiche collegate al pc)
In questo test, solo in lingua inglese - attenzione, dura circa dieci minuti, armatevi di tempo e pazienza!- vi verrà fatto ascoltare un piccolo brano musicale di circa 5 secondi; e subito dopo un altro brano identico... oppure molto simile? Sarete voi a dirlo! I due brani che avete ascoltato erano lo stesso brano, o vi erano leggerissime differenze? Una nota in più, una nota in meno? Musica più lenta, o più veloce? Le note erano più acute? O più gravi? C'era una nota fuori posto?
Oppure vi hanno fatto ascoltare lo stesso brano identico?
Vi sono 2 test di 30 prove ciascuno. Se avete orecchio , dovreste ottenere un risultato uguale o superiore a 20/30 in ciascuna prova. (15/30 significa essere "andati a caso").
Se non avete mai realmente "ascoltato" musica, come la quasi totalità delle persone sorde, ovviamente non aspettatevi un grande risultato.
ATTENZIONE: Se ottenete un basso risultato NON significa automaticamente che siete "amusici", ma, più probabilmente, che non vi siete mai veramente allenati nell'ascolto della musica.
Diciamo la veritàà, questo è un esercizio davvero difficile: prendetelo come punto di partenza, poi, dopo qualche settimana o mese, ripetete l'esperimento e verificate i progressi.
Ma in fondo, a che serve allenarsi con la musica? E' proprio questo l'importante: serve a prestare attenzione ai suoni, ovvero un processo di importanza FONDAMENTALE che chi è sordo probabilmente non ha mai fatto.
http://www.delosis.com/listening/home.html
PS: è uno straordinario test anche per i normoudenti, per verificare le loro capacità.